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La poetica e proteiforme rassegna “Lettere Mediterranee” è visitabile fino al 20 dicembre alla Building Gallery di Milano
Le sue “Lettere Mediterranee” sono un concentrato proteiforme di materiali anche di risulta, di legni e sassi, di terre e argilla, di lana e cera, affiancati da fossili e pietre, colorati dal tenue al violento. E così, attraversando la lungimiranza storica di Fernand Braudel, passando per la paziente sapienza archeologica di giovanni Lilliu, e poi sommandovi la fascinazione mitica di Jean-Pierre Vernant si arriva dritti al cuore della poetica, densamente intinta nell’acqua salsa del Mare Nostrum, di un artista come Michele Ciacciofera.
Perché il suo è un distillato d’alchimista, che si nutre di antropologia per assumere forme archetipe ed echi umanoidi, fintanto che le lontane rive della Sardegna e della Sicilia, intimamente connaturate alla sua vicenda biografica, paiono quasi toccarsi nel sedimentato mnemonico del reliquiario di questo artista, che con poetica levità da forma a bizzarrie antropomorfe che risuonano di profondità marine e di cavità d’antri oscuri e ammalianti, di misterici riti dionisiaci e dell’ambiguo mellifluo ronzio di fatine angelicate in vesti di orride erinni o regali persefoni. Perché l’arte così fieramente mediterranea e lirica di Ciacciofera è un inebriante e totalizzante oinopa ponton, in grado di fondere le dolcezze del miele al salato del mare, e nel cui orizzonte ognuno può scorgere gli echi nostalgici della propria Itaca.
Fonte: Il Sole 24 ORE